GIVI Magazine - Novembre 2011

Sulle prime, Antonello, suscita quasi un pizzico di timore per quel suo look che parla la lingua di una sola tinta: nera è la maglietta, neri sono i pantaloni e la cintura, nere le scarpe e il berretto che porta in testa. Ma bastano due parole per scoprire affabilità, cortesia e passione di Anto- nello Messina, jazzista di calibro internazionale originario di Palermo, re- sidente in Svizzera e autentico cittadino del mondo, in perenne rimbalzo da un continente all’altro per diffondere la magia della musica. Il suo ricorso al bianco e al nero si riflette in una scarsa propensione ai compromessi e alle convenzioni, tanto nell’attività di musicista quanto nella sua continua ricerca del dettaglio un po’ in ogni aspetto della quotidianità, compreso il rapporto con la motocicletta. Lo incontriamo subito prima delle prove di un concerto. Giusto il tempo di scendere dalla moto, liberare la fisarmonica da cinghie e custodia, e il nero del suo abbigliamento lascia spazio ad un mondo di colori che Antonello ci racconta con garbo e simpatia. Antonello, qual è il filo conduttore che lega la tua passione per la musica a quella per la motocicletta? È il senso di libertà che entrambe riescono a conferire appieno. La moto è musica per il sound del propulsore e per il rumore dell’aria che investe il guidatore e si infila dentro il casco. La musica è movimento e dinamismo, al pari di una moto che guizza su una strada piena di curve. Suonando soprattutto musica jazz per me l’improvvisazione è fondamentale, come certe strade sterrate in cui tanti motociclisti amano avventurarsi. Perdersi è fondamentale, quanto ritrovare la strada. La tua vita si svolge in parte in Svizzera. Quali differenze noti tra i motociclisti elvetici e i loro confratelli italiani? Io credo che chi ama veramente le due ruote abbia un solo passaporto. L’unica differenza probabilmente sta nell’osservanza di certe misure di prevenzione e protezione, alla sicurezza in generale. Mi riferisco in particolare all’uso del casco e dell’abbigliamento tecnico. Quando sono in Italia capita sovente di incontrare (ahimé, soprattutto al sud) ragazzi e adulti che non lo indossano, che guidano in pantaloncini, addirittura con le ciabatte ai piedi. Com’è avvenuto il tuo esordio nel mondo della musica? Come tutte le cose importanti per scherzo e per gioco. Mio padre aveva stabilito una forte, ma onesta, rivalità con un collega di lavoro foto di Arturo Di Vita. che vantava continuamente i suoi figli musicisti. L’antagonismo era tale che un giorno mio padre portò a casa una serie di strumenti musicali, uno per ciascun figlio, esortandoci a fare meglio della prole del collega! Trent’anni più tardi ho ricevuto una e-mail da uno di questi ragazzi, ormai anch’egli divenuto padre: mi scriveva che da parecchio tempo aveva smesso di praticare l’attività musicale, ma seguiva con gioia e orgoglio le mie tournée. È stato come un cerchio che si è chiuso. Ci racconti un aneddoto spiritoso che ha caratterizzato il tuo essere musicista o motociclista? Beh, ne ho molti più da musicista…ma c’è un episodio recentissimo che mi vede coinvolto con le due ruote. Chiaramente io non guido mai con la fisarmonica in spalla, semmai ben ancorata e custodita nel bau- Antonio Messina guida una Triumph Tiger 1050 accessoriata con un set di valigie GIVI TREKKER. Nel top case trova posto il suo prezioso strumento. La chiesa sullo sfondo della foto, scattata a Palermo, è Santa Maria dello Spasimo, sede abituale di concerti di alto livello. Anche Messina vi si è esibito. 9 Magazine - novembre 2011

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