GIVI Magazine - Maggio 2015

marzo 2015 MOTOCICLISMO | 147 no, saliremo oltre i 4.000 m. Totale, 2.100 km. Appena si parte si capisce subito che non sarà facile coordinare il gruppo. Alcuni vanno fortissimo (ma non Cecchinello, che non deve dimostrare niente a nessuno), altri pianissimo: hanno poca esperienza e inizial- mente sembrano persino terrorizzati. Ma quello che spiazza me e Ambrosioni è che non si fermano mai, vanno sempre, non si concedono soste neanche sui passi di mon- tagna, o sulle scogliere dell Pacifico. Salia- mo ai 3.009 m di un passo senza nome (vi- cino alla miniera di Chuquicamata) e in cima tirano dritto. Allora si fa una riunione: avere un passo costante e non fermarsi mai è un problema, per noi fotografi, perché non riu- sciamo a scattare le foto. Viene deciso che noi abbiamo carta bianca. Possiamo andare davanti, scattare foto, restare indietro, fare deviazioni, visitare paeselli e fare pure pezzi in fuoristrada. In pratica, mentre il gruppo avanza a 80 km/h, noi fluttiamo davanti e indietro a 150. Le strade sono larghissime e completamente deserte, la visibilità è ottima, animali non ce ne sono, neanche mosche e zanzare, neanche in riva al mare, si può correre senza rischi. Le moto che ci hanno dato sono Honda NC750X, Kawa- saki Versys 1000, BMW F 800 GS, Suzuki V-Strom 650 e 1000. A me viene assegna- ta una V-Strom 1000 con un cupolino GIVI scomponibile in due pezzi che mi sembra geniale: con i due pezzi montati protegge molto più di quella di serie; smontando la parte superiore si possono fare gli sterrati vedendo bene cosa c’è davanti. Poi monta, sempre di GIVI, un paramotore serio e il kit di borse Explorer, quelle apribili in due modi: a ostrica (comoda in albergo) o dall’alto (co- moda in viaggio). I PARADOSSI DELL’ATACAMA Commetto subito l’errore di paragonare il deserto dell’Atacama ai miei preferiti, i libici Murzuq e Akakus. L’Atacama sembra assai più mesto, come colori e come forma delle dune; ma col passare dei giorni cambierò idea. Questo deserto spazia tra le coste del Pacifico e i vulcani alti 6.000 m. Nella sua globalità è il posto più affascinante che abbia mai visto, mi piace persino più della Pata- gonia, che consideravo il top. Ha delle stra- nezze: il Pacifico, anche qui nel nord del Cile (che è sotto l’Equatore, quindi più vai a nord più dovrebbe fare caldo), è freddo e mantie- ne la costa fresca anche in piena estate; ma tale costa è arida, perché le nuvole riescono a formarsi, ma non a scaricare (non chie- detemi perché): preferiscono spostarsi e sfogarsi sulle Ande, specie sui versanti bo- liviano o argentino. La costa è strettissima, perché l’Atacama ha uno zoccolo alto mille metri che precipita quasi verticalmente in mare. Di città non ce n’è che una ogni qual- POchISSIMI ANIMALI DURANTE IL VIAGGIO ABBIAMO AVUTO IL DUBBIO CHE CI FOSSERO PIÙ CANI RANDAGI CHE PERSONE. PER IL RESTO, NON SI VEDONO ANIMALI, NEANCHE INSETTI. VISIERE PULITE! SOLO SOPRA I 4.000 M ABBIAMOVISTO GUANACHI, FENICOTTERI E LIBELLULE. che centinaia di km (Antofagasta, Iquique, Arica). Ogni tanto però sulle spiagge si ve- dono minuscoli villaggi di baracche colorate, povere e malmesse, ma che emanano un fascino incredibile. Alcune sembrano ave- re posteggiate solo auto fracassate, senza ruote, senza vetri, arrugginite. Ma le case sono abitate. Mai visti posti tanto inquietan- ti quanto intriganti. Frastornato da un ambiente così strano, ho vissuto in maniera confusa la visita al bivac- co della Dakar. Da una parte avrei voluto partire coi piloti (io e Ambrosioni siamo an- dati a vederli alle 5 di mattina, vestiti come all’Elefantentreffren, perché dovevano salire fino a un passo alto 4.300 m), del resto i grandi rally a tappe mi affascinano da quan- do avevo appena 11 anni (avevo letto un articolo di Quattroruote sulla Abidjan-Nizza del 1977); dall’altra mi domandavo: ma non è uno spreco passare 15 giorni a passo di gara in posti così belli? Comunque Jeremias Israel è stato un padrone di casa squisito. Nel 2014 aveva corso una gran Dakar con la Speedbrain, ma era caduto in una delle ultime tappe quando era quarto. Honda lo ha notato e gli ha offerto un posto da por- tatore d’acqua nelTeam HRC superufficiale ma lui, prima, ha dovuto guarire dalle nume- rose fratture. “Non sapevo se sarei tornato a posto, di testa e di fisico”. A Iquique lo abbiamo visto raggiante: “Adesso la rispo- C ile - Atacama Givi Magazine Maggio 2015 - Explorer 13

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