GIVI Magazine - Novembre 2011

borse soffici che stanno andando benissimo e le imbottiture per i caschi. In Brasile stiamo facendo tutto da noi. Vogliamo ampliare la gamma, ma come struttura siamo ancora carenti. Dobbiamo costruire un nuovo capannone”. Ma alla Cina ci avete mai pensato? E all’India? “In India ci siamo tirati indietro, tre anni di discussioni per fare una joint venture, ma poi niente anche se è un mercato grandissimo. Noi siamo una azienda ancora piccola per affrontare volumi così grandi. Anche in Vietnam abbiamo una sede produttiva: costruiamo le borse morbide e abbiamo 100 dipendenti. È un altro Paese che sta crescendo, però è molto sindacalizzato, stanno cominciando a scioperare. Ma il vero problema è quello di non avere del nostro personale che gestisca questa azienda. Se un giovane avesse voglia di affrontare un’avventura fuori dall’Italia il lavoro da noi lo avrebbe”. Ma la Cina... “Noi siamo stati i primi ad aprire una fabbrica in Cina, 16 anni fa. E lì ho sbagliato. Era tutta nostra: davo i bauletti alla Honda, alla Suzuki e ad altri. Avevo puntato tutto su una ragazza italiana, ma a un certo punto non ha potuto più restare in Cina. Lei parlava cinese e gestiva bene il nostro business. Mancata lei non siamo riusciti a coprire il posto e abbiamo chiuso l’azienda. E ho sbagliato. Avrei dovuto insistere, cercare un responsabile in largo e in lungo, continuare a crederci nella Cina”. La crisi delle immatricolazioni delle moto e degli scooter colpisce anche voi? “La gente compra le moto usate e con i soldi che risparmia sul nuovo vuole magari attrezzarsi con le borse, con altri accessori. Obbiettivamente occorre tornare a vendere moto nuove o si blocca tutto. Credo che una soluzione ancora praticabile siano sempre gli incentivi all’acquisto. Devono essere riproposti, lo hanno fatto per tanti anni non mi sembra che si debba gridare allo scandalo se ritornano”. Siete una delle poche aziende familiari a resistere. “Siamo in quattro con mia moglie Wilhelmina, mio figlio Vincenzo e mia figlia Hendrika. E tanti ottimi collaboratori. È difficile per una azienda familiare oggi andare avanti, ma noi non facciamo il passo più lungo della gamba, mai. Però, ci allarghiamo: a Brescia siamo 130, con tutte le filiali all’estero 490 persone. Ci facciamo tutto in casa perché questo permette di non dipendere dai fornitori. E poi una delle ragioni del nostro successo risiede anche nella cura che abbiamo verso il cliente, nella velocità con cui inviamo i ricambi, nella disponibilità a risolvere i problemi. Questa estate abbiamo chiuso il magazzino una sola settimana”. Il concetto sicurezza deve valere anche per un semplice bauletto. Nel senso di non perderlo per strada. “Le istruzioni per montare una nostra borsa sono chiare e facili, gli agganci affidabili. Comunque, io consiglio sempre di sentire un suono per essere sicuri: deve fare clack quando si aggancia la valigia, e non ci sono pro- blemi. Per testare più duramente i prodotti abbiamo preso un banco vibrante: simula le peggiori condizioni della strada e stressa al massimo, valigie, attacchi, componenti. E poi stiamo lavorando sui furti. L’input per una maggiore sicurezza è venuto dalla Francia, da Parigi, dove i furti dai e dei bauletti sono una piaga. Certo, un bauletto non sarà mai una cassaforte, ma si può comunque migliorare con diverse serrature, altri sistemi antiscasso”. Dopo le borse, i caschi ... “Molto più difficile che fare il bauletto. È complicato, impegnativo, sono otto anni che me ne sto occupando in prima persona. Col casco è stato tutto in salita e lo è ancora, ma ne vendiamo sempre di più. Ci difendiamo bene anche se la concorrenza è enorme e spietata, ma passo dopo passo andiamo avanti. Di sicuro, non facciamo una battaglia di prezzi, lasciamo agli altri quelli super economici, quella roba lì non ci interessa. Da vedere sembrano uguali a quelli più costosi, ma alla prova della strada, quella d’uso, c’è una bella differenza. E poi se uno lo mette in testa e ha la sfortuna di cadere è come non averlo. In Cina usano materiale scadente, riciclato magari tre, quattro volte. Quale giudica il suo miglior prodotto? THE ITALIAN SIGN OF MOTODESIGN L’azienda bresciana è la numero uno dei bauletti e delle borse da turismo. Nata 30 anni fa, dopo le valigie sono arrivati anche i caschi e tanti altri accessori dedicati ai viaggiatori. A destra, una foto dall’alto della sede di Flero (BS) e alcune immagini “racing”. GIVI è tra i main sponsor del team LRC di Lucio Cecchinello in MotoGP. 28

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